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CARBONE

CARBONE

Il progetto CARBONE viene  finalmente concepito dall’artista dopo oltre 25 anni di ricerca nel campo della ceramica e della scultura informale. Nicola Filia sente il bisogno di ripartire dalle sue origini, da Carbonia appunto, città di fondazione del Sulcis Iglesiente. Dalla miniera vien fuori prorompente la massa ceramica che, impastata e cotta, da vita alle prime sculture, ai primi modelli.

Nel 2019 una sua prima opera di questa serie viene selezionata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Da li si innesca come un meccanismo che ad oggi continua a scandire le opere dell’artista.

Nella recente Fiera d’Arte Internazionale di Roma viene presentato al pubblico in anteprima il progetto “Carbone”, con un grande consenso di critica. Un testo di presentazione è stato scritto da Salvatore Cherchi, ex sindaco di Carbonia e fautore di un grande lavoro di riqualificazione urbana.

CARBONIA _ SALVATORE CHERCHI 2024

“La storia di Carbonia – città fondata dal fascismo, nel 1938, per produrre carbone – è singolare innanzitutto sul piano sociale. Immaginate una moltitudine di decine di migliaia di persone che in poco tempo, nella seconda metà degli anni Trenta del secolo trascorso, converge in un lembo di terra di agricoltura e pastorizia: persone con storie, parlate, nomi e cognomi che ne indicavano i tanti luoghi di provenienza. Arrivarono con il carico di speranze, nostalgie e sofferenze che sempre accompagnano l’uomo che lascia per bisogno il luogo natio, la famiglia e le amicizie.

Molti sono andati incontro a un tragico destino perché impreparati a un lavoro pericoloso sempre, ma con rischi accentuati dagli obiettivi pressanti della produzione. Morirono sul lavoro diciotto minatori nel 1938; trentadue nell’anno seguente. Un censimento incompleto registra che, tra il 1938 e il 1963, nel complesso delle miniere carbonifere del Sulcis sono morti oltre trecento minatori.

La moltitudine di costruttori di città e miniere nel tempo si trasformerà in una peculiare Comunità della Sardegna, con identità marcata e forte senso di appartenenza. La metamorfosi si compie già nel primo dopoguerra, quando con la cessazione dell’economia autarchica e l’apertura dei mercati, l’industria mineraria carbonifera, che occupava circa 17mila minatori, entra in un declino inesorabile. La Città nuova, a pochi anni dalla fondazione, correva il serio rischio di divenire una città fantasma: la Comunità reagì e si radicò nel luogo quando corse il concreto rischio di esserne sradicata. Nella temperie resistenziale di quegli anni, si forgiò lo spirito identitario.

La trasformazione e il senso di appartenenza germinarono con le istituzioni democratiche, i partiti politici, il sindacato, la chiesa.

Nel 1946, Carbonia punì la complice e pavida monarchia con un voto massiccio per la Repubblica: un fatto eccezionale in Sardegna. La città si diede una rappresentanza democratica: fu eletto il primo Consiglio comunale. Per la classica nemesi della storia, divenne sindaco un cittadino perseguitato dal regime fascista, arrestato nel 1932 e condannato a 12 anni di reclusione dal Tribunale Speciale. Si chiamava Renato Mistroni, ferrarese, di professione operaio”.

Salvatore Cherchi